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Esce infine, dopo (molto) lunga gestazione Vox Popular, la rivista online della IASPM italiana. A ben vedere, le ragioni che ne hanno rallentato l’uscita sono le stesse che ne hanno ispirato la nascita. Le difficoltà, per gli studiosi di popular music, di trovare in Italia spazi adeguati per le proprie ricerche. Una difficoltà che è legata a doppio filo con quella di portare avanti questi stessi studi all’interno delle Università, come parte di percorsi professionali o di ricerca a lungo termine.
Nella “nuova” Università italiana (ma non solo in quella italiana) lo spazio per le discipline umanistiche è esiguo, schiacciate come sono fra un’agenda che valorizza le discipline tecnico-scientifiche e premia i risultati quantitativi, e la diffusa idea che la ricerca umanistica non sia vera ricerca. Ancora minore è quello per i popular music studies, stretti fra tradizioni accademiche più potenti e accreditate, e spesso marginalizzati dalle altre discipline musicologiche. Anche chi arriva a occuparsi di popular music da altre tradizioni di studio finisce spesso con l’abbandonare il filone di ricerca, o con il lasciarlo per il tempo libero, per la mancanza di sbocchi interessanti.
Non che siano mancati, negli ultimi anni in Italia, lavori di peso e pubblicazioni di studiosi giovani e meno giovani: segno che un’attenzione verso nuovi approcci e nuovi argomenti esiste, da parte non solo della musicologia ma anche della sociologia, degli studi di cinema, della semiotica… E degli stessi popular music studies italiani, che per quanto con un piede dentro e uno fuori dall’Università continuano a crescere e godono di ottima salute. La qualità degli interventi dell’ultima conferenza della IASPM italiana, il 13 e 14 febbraio 2015 presso il Conservatorio “A. Boito” di Parma, ha confermato l’entità del fenomeno oltre ogni aspettativa. E soprattutto, visto il grande numero di proposte arrivate da ricercatori indipendenti (o da studiosi affiliati a Università ma non «incardinati»), ha dimostrato che una via alternativa alla ricerca già esiste, e può esistere – pur con le difficoltà del caso.
A queste sollecitazioni vuole rispondere Vox Popular: quello che mancava, allo studioso italiano di popular music, era una rivista dedicata ai popular music studies. Questa non poteva che nascere in seno alla IASPM Italiana, che dal 1983 ne promuove la diffusione nel nostro paese.
Vox Popular riprende molto, almeno nelle intenzioni, dello spirito che fu dei «padri fondatori» della disciplina in Italia. Lo fa a partire dal nome (che fu la testata del primo bollettino che circolava fra i soci IASPM italiani) fino – non da ultimo – alla vocazione «politica», divulgativa e non unicamente accademica della sua missione. Confrontarsi in modo serio con «il suono in cui viviamo» significa rivolgersi non solo a una cerchia chiusa di studiosi, ma saper interessare lettori diversi, dagli studenti di chitarra elettrica dei Conservatori al pubblico dei concerti di musica contemporanea, da chi si interessa di media e tecnologia a chi ritiene – semplicemente – che comprendere la musica che ascoltiamo sia una delle porte per comprendere il nostro presente. Vox Popular cercherà di fare anche tutto questo, nei limiti delle sue forze.
Fedele a questo principio, Vox Popular ospiterà contributi differenti. Da un lato, in quanto pubblicazione accademica, deve adeguarsi agli standard internazionali: dunque, contributi lunghi, articolati, sottoposti a peer review. Dall’altro, la rivista si propone di ospitare interventi di taglio più divulgativo, interviste, materiali documentari che possano costituire le basi di ulteriori future ricerche… Per quanto usurata possano sembrare le metafore del cantiere e del laboratorio, questo è – per il momento – Vox Popular. Proposte e suggerimenti sono, fuori di retorica, i benvenuti.
Nello spirito che fu della prima IASPM, l’invito è da intendersi rivolto a chiunque lavori sulla (o con la) popular music, in qualunque settore disciplinare operi, da qualunque prospettiva, nel nome di un’«interdisciplinarietà» che troppo spesso rimane auspicio nell’accademia: musicisti e musicologi, sociologi e semiologi, direttori artistici e tecnici di studio, professionisti e amatori.
Il primo numero del 2016 raccoglie la prima parte – quella in italiano – degli atti della conferenza Poesia e canzone dalla Francia all’Europa, tenutasi dal 10 al 13 luglio 2013 presso la Fondazione Natalino Sapegno di Morgex (AO), in un weekend ricco di dibattito e di discussioni. Seguiranno, nei prossimi mesi, la seconda parte degli atti (in francese), e una serie di saggi scaturiti dal già citato convegno Cosa resterà degli anni Ottanta? La popular music e il jazz in Italia tra il 1980 e il 2000, tenutosi il 13 e 14 febbraio 2015 al Conservatorio di Parma. Per il futuro, la rivista cercherà di alternare numeri monografici a numeri miscellanei, aprendo call for papers e invitando chiunque a sottoporre idee e soggetti: il cantiere, come si è detto, è ora ufficialmente aperto. Vi invitiamo a non restare a fissarlo da fuori.
Il direttore responsabile: Jacopo Tomatis
Il direttore scientifico: Franco Fabbri
Il comitato di redazione: Jacopo Conti, Gabriele Marino, Errico Pavese
Novembre 2016